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Breve ma intensa è stata l’esperienza calcistica di Chiara Salinetti: dal Calcio a 11 al Futsal. Lo scorso anno ha deciso di ritirarsi per dedicarsi al lavoro e alla famiglia a tempo pieno, ma come ha detto ai nostri microfoni ultimamente gli manca molto giocare. L’ex portiere classe ’92 ha indossato le maglie di Ternana, Inebrya Lupe, Olimpus Roma e Real Grisignano collezionando svariate presenze in Champions League e mettendo in bacheca Scudetto, Coppa Italia e Supercoppa Italiana. Durante il suo periodo alla Lupe Salinetti ha avuto, grazie alla sua grande forma, il merito di essere stata convocata in Nazionale. Abbiamo deciso di fare due chiacchiere con lei tra passato, presente e futuro. Queste sono le sue parole in esclusiva per noi di Gol in Rete.

Com’è nata la passione per il calcio?

“Sono nata con il pallone tra i piedi quindi non ti so dire di preciso, è nata con me. Non c’è un giorno in cui è nata la passione, anche perché vengo da una famiglia dove non si segue lo sport e non si segue il calcio”.

Chi era l’idolo di Chiara Salinetti da bambina?

“Il mio idolo non è un portiere ma è Ronaldo, quello vero: il Fenomeno. Da piccola amavo fare i dribbling tra le sedie con tanto di telecronaca dicendo ‘Ronaldo, Ronaldo‘. Di portiere invece se devo fa un nome dico Julio Cesar“.

Un ruolo, quello del suo idolo che va in contrasto con quello da lei occupato nel corso degli anni. Ed è per questo che Salinetti ci spiega com’è arrivata ad essere un portiere:

“La cosa è stata un po’ casuale. Da bimba giocavo sempre con i miei compagni di classe a pallone ma essendo una femmina in mezzo a tanti maschi, la condizione era: Si, puoi giocare ma vai in porta. La svolta è arrivata quando ho iniziato a giocare a Villa Adriana dove il mister in mancanza del portiere mi chiese se potessi sostituirlo lasciando il mio posto da centrocampista. Da lì in poi non mi sono più mossa dalla porta. Diciamo che dalla costrizione poi è nata la passione”.

A che età hai iniziato a giocare e dove?

“In realtà è stata una lotta continua con la mia famiglia, io avrei iniziato a giocare anche a quattro anni credo. Però mamma non mi mandava proprio perché erano tutti maschi, quando poi sono riuscita a convincerla avevo undici anni e ho iniziato a giocare a Villa Adriana”.

Ti sei mai trovata in difficoltà giocando in mezzo ai ragazzi?

“Assolutamente no perché per me era quotidiano stare sempre e solo in mezzo ai maschi. Anche a scuola quando le mie compagne giocavano a palla prigioniera io stavo con i ragazzi a giocare a pallone, questo perché mi sono sempre trovata benissimo a stare con loro. Mamma mi diceva sempre ‘stai sempre in mezzo ai maschi, un giorno crescerai’ ma ancora adesso a 28 anni la musica non è cambiata”.

Quando hai deciso di passare al Futsal?

“Diciamo che è stata costretta anche questa di scelta perché giocavo a calcio a 11 con la Roma e ho avuto la pubalgia. Sicuramente non è stata curata a dovere perché l’ho presa anche sottogamba e sono stata ferma otto mesi circa. In quel periodo c’era una squadra di Calcio a 5 che mi contattava insistentemente, ma per me giocare a Calcio a 5 era come finire di giocare, l’avrei presa in considerazione verso fine carriera. Invece poi mi sono messa in gioco, sono passata al Futsal e non è stata proprio un fine carriera anzi è stato un nuovo inizio”.

Qual è la squadra a cui ti sei più affezionata?

“Beh sicuramente l’Olimpus, la squadra dove ho vinto tutto: campionato, Coppa Italia, Supercoppa Italiana e ho giocato in Champions League. Anche se come risposta posso dire che è un po’ combattuta perché anche a Terni mi sono trovata benissimo, ho giocato due volte con la Ternana e posso dire che come piazza è differente perché c’è una passione totale, sembrava professionismo allo stato puro con il palazzetto sempre pieno e quindi è stata diversa come esperienza, ecco perché mi è rimasta nel cuore”.

In tutto questo sei stata convocata anche in Nazionale

“Sono stata convocata in Nazionale nel Marzo 2016. Quell’anno stavo giocando veramente bene, ero alla Lupe e stavamo disputando le Final Eight di Coppa Italia. Feci alla grande quelle partite ma uscimmo dalla semifinale. Giocammo quella partita di sabato e il raduno della Nazionale era previsto per lunedì ma ancora non erano uscite le convocazioni. Tornata negli spogliatori dal riscaldamento, vedo il telefono che squilla in continuazione ma ero impossibilitata nel rispondere visto che c’era l’appello. Quando sono rientrata nello spogliatoio era Emanuele Maggiani che voleva semplicemente dirmi: sei stata convocata in Nazionale. Proprio lui mi disse l’anno precedente: il prossimo anno torni in Serie A e forse pure in Nazionale. Io lo prendevo per matto e invece aveva ragione”.

Quanto è stato duro smettere?

“L’ultima esperienza giocata è stata a Vicenza ed era il primo anno che andavo a giocare fuori dopo la morte di papà. Erano passati tre anni e pensavo di aver metabolizzato per bene cosa, invece è stata dura. É stata dura perché poi tornavo tutti i martedì per stare con mamma. Quindi poi una volta su a Vicenza la testa stava a Roma ma il corpo stava lì. Ho avuto poi la coincidenza che in quel periodo mi sono fatta male alla caviglia ed è stata tutta una catena di coincidenze che mi hanno portata a prendere la decisione di smettere. In quel momento non mi ha pesato, ma adesso guardando le partite un po’ mi torna la voglia, però ho fatto una scelta di vita. Purtroppo il calcio femminile non ti permette di farlo per lavoro e lavorando, non riesci a fare le due cose contemporaneamente.”

Di cosa ti occupi ora?

“Oltre che a lavorare in un bar alleno i portieri nella Scuola portiere Emanuele Maggiani, dove sono allenatrice e segretaria ma alla fine faccio un po’ di tutto in assenza di Emanuele che è in Cina ad allenare”.

A cosa aspira la Chiara Salinetti del futuro?

“Questa estate ho provato ad entrare nel calcio maschile come allenatore dei portieri ma non sono stata considerata per niente. Sinceramente questa cosa me l’aspettavo, non pensavo che il fatto di essere una donna, nel 2020 fosse ancora così limitante nel calcio maschile, ci sono ancora troppi pregiudizi verso le donne. Con tutto il rispetto verso gli altri, ma penso di essere anche abbastanza competente visto che ho sempre fatto questo, rispetto a chi la mattina fa un lavoro e poi il pomeriggio per passatempo fa l’allenatore dei portieri. Per me è sempre stato un lavoro vero e proprio, mi sono iscritta al corso allenatori dei portieri, che poi per ovvi motivi non è mai partito. Mi sono anche iscritta all’Università e faccio Scienze Motorie online, eppure la reazione che ho avuto dal mondo del calcio maschile è stata pessima. Un giorno spero di poter allenare in una squadra e sto cercando di prendere una laurea per poter avere qualche competenza in più e per cercare di sopperire ai pregiudizi mostrando anche il mio bagaglio di esperienze formative”.

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